27 ottobre 2011

Simoncelli Marco detto SIC - Cattolica, 20-1-1987 – Sepang, 23-10-2011


 La voglia dell'uomo di andare più forte, di superare e di competere è il motore del mondo.
  Purtroppo il motociclismo, professionistico o amatoriale che sia, è uno sport pericoloso, il corpo umano è fatto per andare al massimo a 30km/h e solo in pochi raggiungono questa ragguardevole velocità dopo anni di allenamento. Tuttavia il nostro intelletto, ciò che ci distingue dalle beste, ci ha spinti a trovare delle alternative per superare i nostri limiti fisiologici, siamo così saliti in sella ai cavalli, alle biciclette ed infine alle moto.
 Marco Simoncelli è cresciuto a pane e motociclette, ha fatto di questa passione la sua professione, ha curato e sviluppato il suo talento fino a competere nella più alta delle categorie, la MotoGP.
A 24 anni non era un bambino, era un professionista e sapeva di rischiare la vita ogni domenica, probabilmente come tutti i motociclisti riusciva ad allontanare questo pensiero, prassi indispensabile, altrimenti uno smette, non solo di correre ma di andare in moto.
 Marco "ci dava" con la manetta, anche troppo, era spesso a terra, tant'è che nella compassata MotoGP di oggi gli sono state anche tirate le orecchie e mosse accuse dagli altri piloti e dalle altre squadre. Marco ha pagato la sua irruenza al prezzo più caro possibile, con la vita. Le circostanze che hanno portato alla sua morte saranno studiate e discusse, nel tentativo umanamente comprensibile, di dare una "spiegazione" all'accaduto, ma purtroppo questo non cambierà la realtà durissima delle cose. Potrà, forse, portare ad un ulteriore aumento della sicurezza nelle corse.
  C'è chi ha commentato che "non si può morire per una passione", io non sono d'accordo, il termine stesso di passione implica sofferenza, e nel caso estremo anche la morte. Con questo non voglio nemmeno supporre che sia giusto così, anzi, sto solo tentando di esternare il mio sentimento di rispetto e comprensione per l'accaduto. Chi non va in moto non capirà mai il grande senso di libertà e felicità che due ruote ed un motore sanno dare e nemmeno quella "paura-consapevolezza" che accompagna sempre chi si muove velocemente su un mezzo instabile per definizione. Una moto senza pilota non sta in piedi.
 Allo stesso tempo Marco era una persona, un figlio, un fidanzato, un amico di molte persone, oltre che un personaggio, simpatico, allegro e spensierato. Sarà ricordato così, come uno che sorrideva alla vita!
 La mamma di Marco ha dimostrato, con le sue dichiarazioni, di conoscere suo figlio e di sapere anche lei che la passione che lo ha portato alla morte è la la stessa passione che lo faceva vivere.

"Addio Marco, ci mancherai!"
 
Qui di seguito alcune delle vignette che l'hanno ritratto:



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